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Made in Italy e Bellezza: in che modo le nostre imprese conquistano l’estero?

Il Made in Italy, l’eccellenza italiana esistono ancora? O sono ormai un mito del passato? Non c’è motivo di disperare, l’Italia è ancora culla di filiere di prestigio in cui soprattutto piccole e medie imprese offrono un prodotto o servizio di eccellenza alle filiere internazionali. Una fotografia emersa dall’Osservatorio sull’Economia della Bellezza dell’Ufficio Studi di Banca Ifis. Carmelo Carbotti, Responsabile Strategic Marketing & Research, risponde alle principali domande che interrogano il tessuto imprenditoriale italiano.

Nel 2023 quanto vale il comparto riconducibile alla Bellezza? Quali i principali trend?

La Bellezza è un Bene che possiamo considerare parte della identità umana, ma che rimane tuttavia immateriale, di difficile definizione. Secondo noi di Banca Ifis, tuttavia, costituisce un vero e proprio fattore produttivo, il vero costituente della produzione Made in Italy.

Gli italiani godono di «curriculum nascosto», fatto di arte, cultura, tradizione e – perché no – paesaggio, che costituisce la scintilla dell’Economia della Bellezza. La Bellezza è, quindi, veramente un fattore produttivo distintivo che nasce dalla cura e dall’eccellenza trasversale ai settori produttivi italiani, unendo in un denominatore comune la produzione di macchine su misura con la realizzazione di un oggetto di design o di un abito. È quest’ultima varietà di attività e prodotti che rende trasversale l’Economia della Bellezza, fatta da:

  • turismo culturale e paesaggistico;
  • imprese design-driven, in grado di coniugare estetica con funzionalità e personalizzazione, di meccanica, agroalimentare, automotive, moda, sistema casa, cosmetica, orologeria e gioielleria e artigianato artistico;
  • imprese purpose-driven, che affiancano efficacemente business e impatto sociale.

Nel 2023 il comparto riconducibile alla Bellezza è arrivato a un valore di 595 miliardi di euro, contribuendo al 29,2% del PIL complessivo italiano. Il PIL prodotto dall’Economia della Bellezza è cresciuto del 19% rispetto al 2022, sostenendo l’intera economia del nostro Paese, come dimostra il fatto che nel 2023 il 74% dell’intera crescita italiana è stato prodotto dalle sue imprese e dalle sue attività del turismo.

Qual è il ruolo del “saper fare” e della personalizzazione nella manifattura?

Il “saper fare” artigiano e la personalizzazione sono emersi come gli “ingredienti speciali” della produzione Made in Italy: valgono il 54% della produzione manifatturiera nazionale e gli stessi imprenditori ci dicono come in quasi 9 casi su 10 non siano sostituibili da macchinari. Non bisogna, però, farsi trarre in inganno: la tecnologia è un fattore imprescindibile per le imprese della Bellezza. L’81% degli imprenditori ritiene che nuovi macchinari e nuove tecnologie possano ulteriormente amplificare il valore del “saper fare” dei maestri d’arte e rafforzare la capacità di personalizzazione del prodotto Made in Italy.

L’80% delle imprese della manifattura ritiene fondamentale il «saper fare» dei maestri d’arte per il posizionamento sui mercati. Perché? A cosa serve? Permette di rispondere rapidamente a nuovi trend ed esigenze di mercato. Emerge chiaramente come i maestri d’arte siano figure capaci di dare unicità al prodotto, innestando sulla tradizione interpretazioni in chiave contemporanea e coniugando le esigenze di innovazione con l’attenzione alla sostenibilità.

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In che modo i mercati esteri premiano l’eccellenza italiana?

L’altro elemento indagato è stato il valore di artigianalità e personalizzazione nella propensione internazionale al prodotto Made in Italy. Abbiamo indagato i consumatori italiani e di 5 Paesi importanti per il nostro export: Cina, Francia, Germania, Stati Uniti e Regno Unito. La propensione all’acquisto di prodotti caratterizzati da «saper fare» artigiano e/o con elevato livello di personalizzazione Made in Italy è molto alta, a conferma dell’appeal che il nostro Paese riesce a esercitare sul mercato domestico e internazionale. Si va dal 77% dei consumatori cinesi al 63% dei cittadini maggiorenni in Francia, mai un valore più basso. Quando poi si passa a indagare l’intention to buy gli stessi consumatori, italiani e stranieri, valorizzano il Made in Italy dichiarando la disponibilità a spendere di più: al top i consumatori cinesi con una percentuale che arriva al 90%. I driver che guidano questa maggiore valorizzazione sono: qualità elevata, attenzione ai dettagli e design sofisticato. Potremmo dire una percezione di “unicità”.

Insomma, la Bellezza fa bene al prodotto e fa bene al nostro Paese. La combinazione fra luoghi del turismo, beni di alta qualità e innovazione tecnologica da valore al Soft Power italiano, cioè alla capacità dell’Italia di coinvolgere al punto da generare un senso di appartenenza e da invitare a seguire e a rispettare un sistema di valori, arrivando quasi a percepirlo come proprio.

Studiare Economia della Bellezza, farne una piattaforma di discussione e di proposta, è il riconoscimento di Banca Ifis a un comparto molto importante fatto di piccole e media imprese eccellenti che noi, sin dalla nascita della Banca, sappiamo servire e, cosa ancora più importante, vogliamo servire.

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